NON È POI COSÌ GRAVE DISTRUGGERE LA SCOGLIERA
Ma signori, prego, un po’ di tolleranza, abbiate comprensione! Non siate così duri con chi lo ha fatto solo a fin di bene, magari preso da un meritevole slancio d’altruismo.
Pensate a quel povero sub il quale, dopo essere stato a mollo come un baccalà, per raccogliere cozze, ricci ed un po’ di denaro per la propria famiglia, tornando a casa, trovava ogni giorno la moglie con le mani ai fianchi ad aspettarlo, per cantargli sempre la solita canzone.
“Anch’io il sabato voglio andare in pizzeria come tutte le altre, ma i soldi che mi porti non bastano mai – gli urlava inviperita - e voglio la macchina nuova, perché quella che ho è solo un ferro da rottamare!”.
Cosa doveva fare il povero diavolo, se non armarsi di martello, e non per darlo in testa alla sua serpe, come avrebbe voluto, certamente no, ma determinato a scagliarlo contro la scogliera, così da tirar fuori dai loro nascondigli i preziosi datteri di mare, certo molto più remunerativi dei soliti mitili.
E pensate a quel bravo ristoratore. Poteva lui, così attento a soddisfare i desideri dei suoi clienti, poteva ignorare ch’essi si erano stufati d’ingoiare seppioline tutte uguali e polpi più duri della plastica? Servire cibi freschi delle nostre zone è il minimo che un ristorante che si rispetti possa fare, se vuole veramente soddisfare i gusti dei propri clienti. E così è corso ai ripari, ma senza aver davvero l’intenzione di far danno.
Lo stesso avventore, goloso di frutti di mare e genuinità, che colpa ha lui dal momento che, da buongustaio qual è, aveva solo intenzione di valorizzare le cose buone offerte dalla nostra terra e - perché no? - dagli scogli del nostro freschissimo mare?
Tre figure di persone dabbene, tre onest’uomini da comprendere, non certamente condannare. Ma che sarà mai, signori, la distruzione di qualche centinaio di metri di scogliera, ma anche migliaia, suvvia!, a fronte della rinata pace familiare del nostro sub, della fortuna del nostro ristoratore e del piacere infantile di un vero buongustaio?
Ed ora gridiamo tutti: “Viva il martello!”.